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Tue, Dec

Mario Antolini, una persona rara, profonda e autentica. Il ricordo di Alex Marini

Giudicarie
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Mario Antolini Muson è stato tantissime cose, troppe e troppo importanti per cercare di metterle in fila e dar loro un senso in un messaggio di poche righe.
In moltissimi in queste ore lo ricordano, perché quest’uomo, sempre giovane nel pensiero nonostante i suoi 102 anni di vita, lasciava il segno in coloro che avevano la fortuna di incontrarlo dal vivo o in rete.
Lo stesso vale per me. Ho conosciuto Mario pochi mesi dopo la mia elezione a consigliere. Avevo un forte desiderio di parlargli. Per la sua storia. Per come scriveva. Per quanto scriveva. Lo chiamai al telefono per sapere se potevo incontrarlo. Mi disse di sì senza lasciar passare nemmeno un secondo. Da quel momento sono stato nel suo studio alcune volte, prima nella mansarda di Tione e poi, l’ultima, nella nuova dimora di Saone.
 
 
Fra noi nacque subito una simpatia reciproca. Aveva una risposta per ogni domanda… e quella riposta conteneva sempre un pizzico vitale di schiettezza e sincerità. Era accogliente e stimolava ad essere curiosi e a vigilare su quello che ci sta intorno. Aveva le sue convinzioni e sapeva esprimerle con quell’ironia che ti faceva comprendere di non avere nessuna ambizione di essere portatore di una verità assoluta ma, al contrario, di voler prestare ascolto e di essere aperto al confronto.
 
Dimostrava sincera gratitudine (comportamento raro di questi tempi) ma senza essere ossequioso. Lo faceva con uno sguardo o molto più spesso con un commento digitato sulla tastiera da lanciare nel web. Rispondeva in modo puntuale e diretto a tutte le note che leggeva. Quando riceveva la mia newsletter mensile me ne dava conto con un testo telegrafico: “Ricevuto. Presa visione.”. Aggiungeva sempre un messaggio per augurare il successo nell’attività lavorativa e per quella politica. Credeva nella spontaneità dell’impegno civico e la apprezzava con atteggiamenti coerenti.
 
Sapeva trasmettere fiducia (altra rarità dei giorni nostri). Vi racconto un aneddoto. Come ben sapete in politica sono in pochi ad entrare nel merito delle questioni delle scelte strategiche che ci riguardano e a mettere in dubbio alcuni modelli consolidati. Sono ancora meno quelli disposti a dare una mano per far andar bene le cose senza esigere un vantaggio diretto. Sono numerosi invece coloro che sono pronti ad esprimere commenti negativi o aggressivi o comunque a mostrare disinteresse. Per sopravvivere a una simile condizione serve fiducia. Un paio di anni fa esternai un’opinione su un tema di attualità che riguardava la gestione del potere e delle risorse a livello locale. Non utilizzai mezzi termini nell’esprimermi. Quando la notizia fu pubblicata su un giornale locale la reazione fu veemente. Ricevetti critiche pesanti su vari fronti e su vari canali, non compensate da alcuna manifestazione di supporto. Il morale non era ai massimi termini e mi sentivo più solo del solito. Mi chiesi chi me lo facesse fare di impegnarmi per il bene comune e di provare a riformare il sistema, se poi in ultima istanza si raccoglievano solo reazioni di rigetto. La sera del giorno della pubblicazione dell’articolo che aveva scatenato le ire della politica ricevetti un email da Mario: “Carissimo Alex, se mi permetti mi rifaccio al tuo intervento letto oggi sul giornale. Ti trovo in campana con quelli che sono stati i nostri (c’ero anch’io) intendimenti nell’impostare nell’impostare la legge in vigore. Abbiamo lottato in Parlamento… etc.”. Quella sera andai a dormire con il morale alto. Ma anche le sere successive. Capii che se si crede in determinati valori non bisogna avere paura di difenderli anche se il rischio è di passare per eretici. La solitudine può essere apparente o solo temporanea. Leggendo quel messaggio non richiesto e dunque inaspettato, imparai ad avere fiducia nelle idee e a non farmi distrarre dalle avversità e dagli atteggiamenti di coloro che vorrebbero sopirle perché non sono disposti ad accettare, o vogliono ostacolare, il cambiamento sociale.
Mario era una fonte inesauribile di informazioni e di racconti legati ad episodi di vita personale. In particolare sulla storia locale e sui temi riguardanti le tradizioni nostrane, i beni comuni, i luoghi ma anche e soprattutto sulle forme della politica e della governance delle Giudicarie. Sempre però secondo una logica di apertura verso l’esterno: sosteneva ad esempio il bisogno di riallacciare i rapporti con i lombardi della Valle Sabbia e riteneva necessario interloquire con i poteri romani per perseguire risultati a tutela delle popolazioni delle aree di montagna. Gli anni della Seconda guerra mondiale li passò come missionario in Giappone. Insomma, era e pensava glocal ancor prima che la globalizzazione fosse anche solo ipotizzata.
 
Su Mario Antolini Muson tante parole sono state dette e tante, giustamente, se ne diranno ancora, perché era una persona rara, profonda e soprattutto autentica. Tutte le volte che ho incontrato Mario l’ho lasciato non solo con maggiore chiarezza nei pensieri ma anche con idee nuove nella testa rinfrescate dalla speranza che se c’è la volontà si può fare tutto. Si può anche vivere fino a cento anni e non smettere mai di essere un cittadino attivo e di impegnarsi per costruire un mondo migliore.
Credo che basti a far comprendere bene quanto grande sia stato Mario Antolini Muson e quanto abbia dato a chiunque lo abbia conosciuto nel suo lungo e ricchissimo percorso di vita.